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sabato 10 marzo 2012

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Lo tsunami e il camaleonte in bicicletta




Le sue onde di 10 metri hanno superato in impatto mediatico la Grande Onda di Hokusai ma soprattutto hanno messo in ginocchio una grande nazione.


opera di Peppo Bianchessi


Morte, distruzione. E poi com'è finita?
Le telecamere hanno cambiato inquadratura, i nostri sguardi volgono altrove.
Leggo Wikipedia e mi viene da piangere, sembra passato tanto tempo. Travolta dall'onda di "Hereafter", tutto diventa buio, mi pare di non riemergere più. La distruzione è impensabile.


Peppo, aiutami tu.


Peppo Bianchessi è un artista poliedrico, in bilico tra Italia e Giappone: illustratore, scrittore, grafico, insegnante, videoartista, nella sua ultima mostra ha presentato un libro illustrato per bambini che proprio libro non è, e non è neanche solo una raccolta di scenari teatrali. Si tratta di un kamishibai viaggiante, con cui ha partecipato ad una progetto umanitario per sostenere la popolazione dell'area di Tohoku, colpita dallo tsunami dello scorso anno.


V1MB - Nella tua ultima mostra ho visto, vicino a uno strano teatrino di legno, le tavole illustrate intitolate "Il Camaleonte e il colore più felice". Non si tratta proprio di un libro, vero?


PEPPO - Tecnicamente no, si potrebbe comparare piuttosto con la tradizione dei Cantastorie occidentali. Kamishibai significa "teatro di carta" (inteso come spettacolo). Si tratta proprio di questo: una storia suddivisa in una serie di fogli infilati in una specie di "scatola-teatrino" chiamata Butai. Tradizionalmente è di ciliegio.
La particolarità di questo teatrino è quella di avere un "sipario" composto da 3 ante che vengono aperte sulla prima pagina/copertina della storia infilata precedentemente dal lato sinistro. Il retro del butai è aperto per permettere al "cantastorie" di leggere il testo che si riferisce alla pagina che il pubblico sta vedendo. Man mano che la storia avanza il raccontatore ritira i fogli ponendoli sul retro.
Sembra complicato a parole ma quando si assiste ad uno spettacolo di kamishibai la prima cosa che balza agli occhi è la estrema semplicità del tutto.

C'è una storia, un raccontatore e il pubblico. Il teatrino serve da "focalizzatore" dell'attenzione, né più né meno dei teatri dei burattini o della televisione (senza averne gli svantaggi).


Trovo che poi abbia in comune con la tv un'altra cosa divertente. Oltre che anticiparla, ha anticipato le fiction a puntate; uno dei suoi utilizzi era infatti quello dei venditori di dolciumi che, girando di villaggio in villaggio con biciclette attrezzate, attiravano i bambini al suono di due legni battuti ritmicamente, davano i primi posti a chi acquistava, leggevano la storia e alla fine rimandavano la continuazione ad un'altra puntata….

V1MB - Mi ha molto incuriosita l'idea di riproporre kamishibai viaggianti. Mi racconti del progetto a cui hai partecipato col tuo Camaleonte?

PEPPO - Il progetto Kamishibai Viaggianti ("OSUSUME KAMISHIBAI MARATHON") è nato dal' IKAJA, Associazione Internazionale Kamishibai Giapponese di cui faccio parte, che ha selezionato 40 Kamishibai e ha creato un "pacchetto completo" con i libri, il Butai e una guida per spiegare come effettuare le performance da spedire in tutto il Giappone a Biblioteche, Scuole e Gruppi di volontari per raccogliere fondi per le biblioteche di nursery, asili e scuole andate distrutte nell'area di Tohoku durante lo Tsunami.




V1MB - Hai mai visto rappresentare il tuo kamishibai? ci sono dei narrastorie specialisti o l'hai raccontato anche tu, qualche volta?

PEPPO - Credo di essere stato il primo occidentale ad aver pubblicato in Giappone un kamishibai nel 2002. Non è stato semplicissimo come tutte le cose che appartengono alla cultura giapponese: bisogna prima di tutto capire come funziona e tentare di afferrarne lo spirito e poi seguire delle regole precise, sia nello scrivere ed illustrare la storia, sia nel recitarla. Noi qui abbiamo l'abitudine di modificare e intervenire "creativamente" su qualsiasi cosa e questo è stato frustrante all'inizio per me ma ho compreso la differenza e l'importanza di una certa "disciplina".
Ho seguito un seminario la prima volta che sono stato a Tokyo nel 2001 e ho avuto modo di seguire gli insegnamenti di Noriko Matsui, una delle più anziane e prolifiche autrici di kamishibai.

Ho visto rappresentare spesso il mio kamishibai in Giappone e l'ho raccontato anche io in Italia, durante dei corsi che ho fatto all'asilo, o tutte le volte che mi è stato possibile.

Posseggo un Butai originale e molti libri e non escludo che un giorno lo monterò sulla bici e girerò...


Ho visto raccontare storie in questo modo da bambini ad altri bambini come da raccontatori "professionisti" come nonne ottantenni e tutti, in modo diverso, riescono a creare la cosa fondamentale del kamishibai: il "Kyokan" che si può tradurre approssimativamente come "empatia" o come "condivisione dei sentimenti" tra audience e performer.






Un tenerissimo performer


V1MB - L'intera mostra, a partire dal titolo: "Little Tsunamis", è legata al drammatico evento che ha colpito il Giappone lo scorso anno. Tu come l'hai vissuto? E come ha influenzato la tua ispirazione?

PEPPO - Little Tsunami è un ossimoro. Non esistono piccoli tsunami, se non quelle piccole cose che ci accadono intorno e che, per cerchi concentrici, si amplificano fino a diventare onde enormi che ci s-travolgono dentro.
Penso alle cose che noi consideriamo insignificanti e in un bambino si ripercuotono come cataclismi. Ma sono anche le cose piccole e buone che travolgono e ci ripuliscono da tutte le scorie. A me capita spesso. Per questo mi sento spesso un bambino e -dato che non sembra essere una cosa vista di buon occhio- faccio finta di essere un artista e mi riesce pure bene.
Ci sono gli tsunami veri, Terribili. Ci sono quelli metaforici -mia moglie, per esempio-. In comune hanno che sono tutti e due giapponesi e che ti cambiano la vita.



V1MB - Mettiamo che io ti stia intervistando per un blog dal titolo "Il Viaggio Emotivo", e che questo post finisca linkato con una puntina sulla mappa del Giappone... ti va di concludere l'intervista raccontandomi il tuo rapporto con questo lontano paese?

PEPPO - Uh! Domanda difficile. Amo viaggiare ma spesso ho viaggiato solo con la testa (niente robe alla Easy Rider!) con musica, libri, film, storie, persone…
spesso sono uno alla De Maistre (che ha scritto un libro dal titolo "viaggio intorno alla mia camera" nel 1790). Pur avendo viaggiato molto (e sul serio) continuo a credere che il viaggio più appassionante sia quello che avviene dentro di noi quando viaggiamo, in moto o da fermi: quello che ci stimola, che vediamo, impariamo, assaggiamo di nuovo e diventa parte del nostro bagaglio pesante e leggero e il Giappone, di stimoli ne è pieno. Qualche pensiero sparso:

Il Giappone in sé é tutto diverso da quello che la maggior parte crede. Oppure è assolutamente uguale, se uno cerca solo quello che conosce.

Il Giappone è un territorio geologicamente rischioso e allo stesso tempo non mi sono mai sentito così al sicuro come alle 4 di mattina nella città più grande del mondo. È un posto che vive nell'incertezza dei terremoti e si impone un'organizzazione pratica e sociale quasi maniacale che eviti al massimo le sorprese, l'imbarazzo e le incertezze: i treni arrrivano e sono perfetti. Le strade sono pulitissime come le decine di bagni pubblici perfetti e spesso parlanti. Trovi gentilezze e sorrisi ovunque, anche se non te li meriti. Se uno va in Giappone, quando torna ci rimane malissimo quando la vecchietta gli passa davanti alla posta. Sei circondato da musichette per qualsiasi cosa, dai bagni ai camion della spazzatura. Vieni schiacciato da una massa di persone impressionante in una delle tante linee del metro e ti stupisci, dopo tanto ordine, a veder manager disfatti su poltrone vibranti in un megastore aperto 24 ore, oppure donne in carriera in tailleur completamente ubriache che cadono in un'aiuola. Ti stupisci che non ci siano più matti o serial-killer e fuggi. Ti trovi in un tempio in un parco in mezzo a Tokyo e c'è solo silenzio e pace e sole tra le foglie, oppure ti trovi su un isola, in una pozza di acqua termale, circondato da neve e da scimmie, oppure in un tempio dove scorrazzano gruppi di cerbiatti socievoli…

È un posto dove la gente si ammazza -letteralmente- di lavoro ma poi segue avidamente, invece di quelle meteorologiche, le previsioni di fioritura dei ciliegi in primavera.
Il Giappone non è tutto Manga-Ikebana-sushi… Noi crediamo sia tutto eleganza e design e stile asciutto ed essenziale: il Giappone è -anche- disordinatissimo.
So che mi dispiacerà un po' quando comincerò a capire meglio le scritte che ti circondano quando arrivi a Tokyo. Come grafico e pittore provo una vertigine quando sono nell'Impero dei Segni. Un giorno mi sveglierò meno meravigliato quando leggerò un'insegna tipo Da-Hiro-il-pescivendolo.
Insomma: un mistero. Ed io l'ho sposato. Più viaggio emotivo di così non saprei...



cosa prendo?

pesca di aragoste in una sala giochi



lavoratore giapponese



Al mercato di Tsukiji (mica l'ho colorato in photoshop eh...)

neko

al centro di Tokio



una festa nello stesso parco


capire la pittura giapponese



divinità colorate a guardia del tempio...











bollire e mangiare le uova nell'acqua vulcanica fa campare 100 anni.

piccola cena

Menu a Matsumoto. Io ho assaggiato le cavallette e le baby api. Non sono un granchè.


miyajima

un bento


Hiroshima

(tutte le foto sono di Peppo Bianchessi, che ringrazio ancora di cuore. In alto lo vedete mentre racconta il suo Camaleonte, con i bambini che "testano" il suo lavoro. Anche i commenti sotto le foto sono un suo regalo!)




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