FUORDIMETAFORA





1. In guerra con le parole



𝑃𝑟𝑒𝑚𝑒𝑠𝑠𝑎: ℎ𝑜 𝑢𝑛 𝑝𝑜’ 𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑒𝑟𝑖, 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑖. 𝑄𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑟𝑖𝑒𝑠𝑐𝑜 𝑎 𝑓𝑎𝑟𝑛𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑖𝑛𝑡𝑒𝑠𝑖, 𝑐𝑖 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑜 𝑢𝑛 𝑑𝑖𝑠𝑒𝑔𝑛𝑜 𝑚𝑎 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑛𝑡𝑎𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑜𝑝𝑝𝑖 𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑟𝑖𝑒𝑠𝑐𝑜 𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑛𝑡𝑟𝑎𝑟𝑙𝑖, 𝑐𝑒𝑟𝑐𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑣𝑒𝑟𝑙𝑖. 𝐼𝑛𝑠𝑜𝑚𝑚𝑎: 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑎𝑡𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑖 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑒𝑟𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑠𝑐ℎ𝑖𝑧𝑧𝑖 𝑝𝑟𝑒𝑝𝑎𝑟𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑜 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑢𝑠𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑚𝑎𝑛𝑒𝑔𝑔𝑖𝑜 𝑚𝑒𝑔𝑙𝑖𝑜… 
𝑈𝑛 𝑏𝑎𝑐𝑘𝑠𝑡𝑎𝑔𝑒 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑣𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑖𝑎 𝑡𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑢𝑛 𝑑𝑖𝑠𝑒𝑔𝑛𝑖𝑛𝑜 (𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑙𝑖𝑐𝑒 𝑒 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑎𝑛𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑖𝑣𝑖𝑛𝑖𝑡𝑎̀ 𝑛𝑜𝑛 𝑎𝑏𝑏𝑖𝑎 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑎 𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑠𝑝𝑖𝑟𝑎𝑟𝑐𝑖 𝑜𝑔𝑛𝑖 5 𝑚𝑖𝑛𝑢𝑡𝑖…).





𝐂𝐚𝐩.𝟏: 𝐈𝐍 𝐆𝐔𝐄𝐑𝐑𝐀 𝐂𝐎𝐍 𝐋𝐄 𝐏𝐀𝐑𝐎𝐋𝐄

Mi piacciono le metafore che AMPLIFICANO il senso, non che lo SEMPLIFICANO.


Stamattina mi sono svegliato con ancora nelle orecchie la metafora più in uso in questi giorni: “Siamo in GUERRA” e mi sono fatto un elenco delle metafore e delle Parole-chiave che ne seguono a cascata e girano al momento: Finalmente parlano tutti CON UNA VOCE SOLA! Noi cittadini siamo SOLDATI che stiamo nelle RETROVIE, facciamo parte di un ESERCITO e FACCIAMO TUTTI LA NOSTRA PARTE a supporto dei veri EROI, in TRINCEA a COMBATTERE negli ospedali! Fa PAURA ma cantiamo i nostri INNI per farci CORAGGIO... è dura ma sappiamo che alla fine VINCEREMO! E via guerreggiando…


Ecco… io in genere amo le metafore. Quelle belliche sopra elencate non particolarmente perchè storicamente il loro uso fa parte di una retorica tipica dei regimi per fare ubbidire il popolo con il rigore e l’ubbidienza che ci si aspetta dai soldati, oppure da un gregge che ha bisogno di cani e pastore. I regimi non brillano per originalità, neppure nelle metafore ma, soprattutto, queste non sono davvero metafore per i regimi stessi: loro considerano il popolo, appunto, alla stregua di pecore da guidare, di soldati che devono obbedire (possibilmente tacendo) e combattere, alla stregua -per usare delle metafore in tema- di “carne da cannone” o “da macello”.


𝑉𝑜𝑟𝑟𝑒𝑖 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟 𝐺𝑜𝑦𝑎, 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒̀ 𝑔𝑙𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑖𝑣𝑎 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑓𝑎𝑐𝑖𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑠𝑐𝑟𝑖𝑣𝑒𝑟𝑒 𝑖 D𝑖𝑠𝑎𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 G𝑢𝑒𝑟𝑟𝑎…


Mi piacciono le metafore che AMPLIFICANO il senso, non che lo SEMPLIFICANO. Quelle che si usano nelle belle storie, nella poesia o nell’arte richiedono uno sforzo notevole per chi le produce e questo sforzo, condiviso con chi legge o guarda, produce meraviglia e bellezza: scatena nuove connessioni sinaptiche, dà da pensare e aiuta a vedere le cose in modo nuovo. Le espressioni belligeranti, se non usate in tempo di guerra, diventano metafore banali, frutto di pigrizia intellettuale di giornalisti, politici e commentatori che (come pecore?) si irregimentano (come soldati?) e le propagano (come un virus?). Nell’era pre-virus erano in uso in particolare tra i cronisti di calcio e tutti conosciamo l’uso che ne fanno gli ultras. Da D’Annunzio in poi il ‘900 è stato tutto un fiorire di metafore ardite e di arditi metaforici. Un altro settore è quello dei giornalisti economici: tra Guerre Commerciali, crolli in borsa, Boom e Acquisizioni Ostili è un turbinio di banalità esplosive…


𝑉𝑜𝑟𝑟𝑒𝑖 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑂𝑡𝑡𝑜 𝐷𝑖𝑥, 𝑐ℎ𝑒 𝑎 𝑙𝑢𝑖 𝑔𝑙𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑖𝑣𝑎 𝑓𝑎𝑐𝑖𝑙𝑒 𝑑𝑖𝑠𝑒𝑔𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑏𝑟𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑒…


Da una parte, in questa banalizzazione, c’è sempre bisogno di un nemico, per non affrontare la fatica di pensare e spiegare la complessità e dall’altra si accetta passivamente (ma le pecore sono davvero così?) un’esaltazione dell’aggressività e della violenza verbale come modello (virale) di marketing e relazioni sociali. Nel caso della guerra al virus (invisibile) è un po’ più difficile e la “casella” del nemico la si occupa un po’ a caso, improvvisando: runners , stati stranieri, Europa (ma lo volete capire una buona volta che l’Europa siamo noi?), immigrati (questi sono un sempre-verde), e via battagliando… Tutto questo per banalizzare, per fare titoli acchiappa-click (pensate ai post ma anche a quelli dei quotidiani - inutile citarveli tutti) e evitare di affrontare seriamente l’argomento (pensare è faticoso e sembrare seri pare allontani i follower): il discorso “Se state in giro, che siate runner o meno, e non seguite certe precauzioni vi ammalate o fate ammalare e, non essendoci posti in ospedale, morirete o farete morire qualcun altro” ha senso. Meno senso ha focalizzare l’odio e la paura sui runner che è fuorviante come dire che sarà colpa del Vesuvio se -quando esploderà- farà vittime tra quelli che ci hanno costruito sopra. Oppure è colpa del terremoto se molti muoiono sotto case costruite male in una zona notoriamente sismica.


𝑉𝑜𝑟𝑟𝑒𝑖 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑀𝑎𝑘𝑘𝑜𝑥, 𝑐ℎ𝑒 𝑎 𝑙𝑢𝑖 𝑔𝑙𝑖 𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑖̀ 𝑓𝑎𝑐𝑖𝑙𝑒 𝑠𝑝𝑖𝑒𝑔𝑎𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑖 𝑑𝑖𝑠𝑒𝑔𝑛𝑖𝑛𝑖 𝑖𝑛 𝑑𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑎...



𝗣𝗲𝗽𝗽𝗼