Sempre per questioni anagrafiche, appartengo a una generazione di maschi pre-vhs dove l’accesso al materiale erotico era davvero difficile: c’erano i cinema a luce rossa per i maggiorenni e, ben nascosti in edicola, i “giornaletti” o le riviste.
Anche in questo settore dell’immaginario, valeva quello che definisco “Effetto Leopardi” per il quale, di fronte a un ostacolo (ovvero la “Siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude” nel suo caso; l’inaccessibilità e le proibizioni nel nostro) ci si ritrova ad immaginare l’Infinito, che nella pubertà e oltre include anche le ragazze o qualunque sia l’oggetto del desiderio. Anzi, l’immaginario maschile è occupato da quello anche dopo, la maggior parte del tempo.
Non sembri irrispettoso l’accostamento col Poeta; si sta parlando del Desiderio e di desiderare che etimologicamente derivano dal “guardare alle stelle”, cioè a qualcosa di irraggiungibile e questo è uno stimolo potente per l’immaginazione.
Nella storia dell’uomo le religioni, che di ostacoli nei confronti del corpo e del sesso ne hanno sempre messi, hanno dimostrato quale sia il modo migliore per rendere il tutto ancora più appetibile e trasgressivo. Nelle società il puritanesimo, il proibizionismo e il “comune senso del pudore”, con divieti spesso ridicoli hanno portato ai medesimi risultati: nell’800 bastava una caviglia scoperta per fare impazzire gli uomini e la regina Vittoria era usa fare coprire anche le gambe dei tavoli.
Parallelamente alla storia ufficiale delle immagini d’arte, c’è sempre stato un fiorente mercato più o meno sommerso di immagini erotiche che hanno seguito i progressi tecnologici allo stesso modo. I costi di queste immagini, prima dell’avvento della loro riproducibilità tecnica, erano altissimi per cui solo i ricchi e i nobili se le potevano permettere (e qui si parla di raffinato erotismo).
Al popolo restavano le incisioni rupestri e i graffiti osceni sui muri; praticamente la pornografia e l’edilizia.
Nota: questa mia voleva essere una riflessione introduttiva che prendeva spunto da uno dei nostri immaginari, non una disquisizione sul sesso o sulle preferenze sessuali anzi, se c’è una cosa che mi sorprende negli ultimi anni è proprio l’ossessione di alcuni -soprattutto politici- che si preoccupano costantemente per la direzione che prendono i genitali degli altri: questa sì, mi sembra una perversione.
Ogni tanto mi chiedo se -ai tempi analogici del sesso immaginario dai quali provengo- ci fosse stata la stessa disponibilità di materiale esplicito. Non avrei avuto bisogno di immaginare nulla? Soddisfacendo ogni curiosità, avrei perso gran parte dell’interesse sull’argomento? Ne sarei stato spaventato? Mi sarei sempre sentito inappropriato, non all’altezza delle misure o delle prestazioni? Avrei creduto che fosse tutta un’altra cosa e che alle donne piacesse sempre, comunque e dovunque? Avrei pensato di documentare ogni mia impresa condividendola, per darle un senso? Me ne sarei fatto un’idea piuttosto banale e ripetitiva, probabilmente sballata?
Tutto questo per arrivare a una considerazione più generale: la curiosità -e non sto parlando di sesso, non solo- è una componente fondamentale della crescita personale e dell’intelligenza. Il meccanismo è semplice: ci si pone delle domande e si cercano le risposte, si cerca, si prova, si sbaglia e si riprova e ci si pone altre domande.
Ed eccone alcune: Cosa succede se un algoritmo ci dà subito le risposte, basandosi su nostre ricerche precedenti? Cosa succederebbe se -col pretesto di semplificarvi la vita- le ricerche vi dessero solo le risposte che vi aspettate? Vi consigliassero musica, libri, film, persone che già conoscete?
Sembrerebbe (ci è sembrata) una gran comodità ma, in realtà, lo è per chi vuole vendervi qualcosa.
La direzione di internet non è decisa da qualche tecnico ma da una filosofia di marketing che non brilla certo per immaginazione ma che, allo stesso tempo, non ha più il volto brutale del capitalismo del secolo scorso, anzi: punta a dare con benevolo cinismo “quello che la gente vuole” anche quando la gente non sa quello che vuole, dipingendo il tutto come se fosse una libera scelta oppure sostituendosi allo stato fornendo servizi che -ormai- consideriamo essenziali.
Tutto è veloce, è intrattenimento, evasione e leggerezza: questo dovrebbe sollevarci dalla pesantezza di una vita che loro contribuiscono a peggiorare. Un luogo dove ognuno può avere parola e dove -comunque- ci viene data la possibilità di andarcene quando vogliamo. Ma quanti sono disposti ad uscire da un posto che viene percepito ormai come parte integrante della vita reale?
Per molti uscire dai Social equivale alla morte sociale e sono sicuro che molti lo percepiscano come un servizio pubblico.
So di non suonare molto democratico dicendolo ma trovo che la “volontà popolare” tanto sbandierata ad ogni elezione, televoto o sondaggio, il più delle volte sia orribile; soprattutto quando il popolo viene privato degli strumenti dell’immaginazione, dell’istruzione e della cultura e viene illuso di volta in volta con quello che si vuole far credere essenziale oppure con nemici ad hoc.
Bisogna smetterla di credere a molte delle cose che stiamo dando per acquisite; per esempio che la Minoranza Rumorosa sia la maggioranza. Basta vedere le percentuali di astensione dal voto.
Non mi basta la risposta cinica del “È sempre stato così”. La domanda è: deve essere così per sempre? “bisogna nominare un nuovo popolo” come scrisse Bertolt Brecht?
Ma torniamo a qualcosa di popolare, cioè al sesso: come sappiamo, il mercato del porno muove una quantità di traffico incredibile su internet e con questo una montagna di soldi. Quale credete che sarà uno dei campi più remunerativi dove si svilupperà la A.I.? Esatto. Altro che i libri.
Finiamola con ricerche estenuanti su siti inaffidabili: basterà specificare in una app il cosa, il come e con chi (specificando genere, età, specie animale reale o di fantasia, ecc.) e avremo in ritorno il nostro sogno erotico proibito, in streaming, da sperimentare nella realtà virtuale, magari nel metaverso, per una esperienza più immersiva. Con gradi di trasgressione (“tanto è per finta”, vi direte) variabili, a seconda dell’abbonamento che si è disposti a pagare e con i limiti imposti da qualche parlamento indignato (quindi aggirabili). Insomma: buone nuove per gli onanisti, soprattutto quelli ricchi.
Non è una previsione: sta già avvenendo, mentre siamo distratti e ci fanno discutere di come potrebbe essere usata l’Intelligenza Artificiale e quali posti di lavoro farà perdere, del fatto che qualche genitore si opponga (ancora!) al fatto di insegnare l’educazione sessuale e sentimentale a scuola delegandola di fatto ai pornazzi in rete.
Per chi non lo avesse capito fino a qui, il sesso era solo un pretesto per discutere d’altro: di desideri indotti, soddisfazioni/insoddisfazioni degli stessi offerte dal mercato attraverso Intelligenza Artificiale (loro) e Stupidità Naturale (nostra).
Trovo che tutte le discussioni attuali siano falsate dalla mancanza di consapevolezza di quanto la rete stessa le influenzi: non si può sempre ricondurre la realtà e affrontare i problemi all’interno di una logica propria di Internet, accettandone passivamente i tempi e i modi: dai politici che espongono i loro programmi in un tweet agli organi di informazione che ricercano i click facendo a gara a chi fa il titolo più stupido o rilanciando notizie false e incontrollate rinunciando, appunto, a fare informazione.
Anche le discussioni che pensiamo così utili su cose che ci stanno a cuore, sull’ambiente, sull’inclusività, la guerra ecc. ecc. Sono vittime della “reductio calcistica” imposta da una rete che è ostile alla riflessione: tifoserie che puntano allo scontro puro e semplice che alimentano click, in attesa di un nuovo argomento più sexy.
E qui arriviamo al punto fondamentale: il tempo. Per capire una cosa complessa serve tempo.
Per contemplare un’opera d’arte o leggere e comprendere un testo dobbiamo prenderci del tempo.
Ascoltare la musica o imparare qualsiasi cosa richiede tempo.
Per gustare qualsiasi cosa, per conoscere il nostro corpo e quello di un altro essere dobbiamo dedicarvi il tempo che serve.
Per conoscere noi stessi ce ne servirebbe più di quello che abbiamo a disposizione ma vale la pena investirne un po’, di tempo.
Sono troppo pigro per fare qui un elogio dell’ozio ma, in quanto praticante, devo constatare che tutte queste attività ci vengono fatte percepire come “perdite di tempo” (pensate all’insofferenza che si prova di fronte a un post più lungo di tre righe su Facebook) eppure sono proprio quelle che danno un senso al tempo che abbiamo. Lo rendono prezioso.
E se uno comincia a dare valore al proprio tempo, forse ci penserebbe un po’ prima di sperperarlo a guardare video di gattini o di gente che si fa tirare oggettistica varia sulle palle.
Ripeto: se il tempo e le nostre informazioni sono preziose, le stiamo regalando bellamente ai padroni della rete, generando tonnellate di materiale per riempire le loro scatole vuote (cosa sono, altrimenti, i Social?) nella pallida speranza di un ritorno. Perché, al contrario, la nostra attività online ci dà la sensazione di essere costantemente occupati e di fare qualcosa di utile, di perderci qualcosa di essenziale se non siamo eternamente connessi, di andare nel panico in assenza di segnale, di sentirci utili alla crescita dell’umanità perchè postiamo qualche perla di saggezza o di aver fatto il nostro dovere civile perchè ripostiamo una petizione o mettiamo un pollice in sù alla stessa.
Sono tutti micro-furti di tempo (ergo di vita) che vengono perpetrati a ogni notifica, o quando clicchiamo “accetta” senza leggere (e se leggiamo è una perdita di tempo, visto che l’alternativa è starsene fuori).
No, in effetti ora c’è un’alternativa: pagare. C’è sempre il modo, una formula di abbonamento che ci permette di sentirci speciali, in una lista di Vip come noi. Milioni.
Ecco, ora per lavorare gratis per dei Social che ci hanno fatto credere di essere indispensabili potremo anche pagare.
In cambio non avremo la pubblicità. Mi chiedo chi, tra noi uomini* (perdonate la poca inclusività ma mi ringrazierete), sarebbe disposto a rinunciare alle pubblicità che ci promettono di allungare il pene a dismisura? O a video di gente che si prende a pallonate nelle zone sottostanti? All’amicizia di una bella sconosciuta che vuole diventare amica vostra, proprio vostra? E a fornirle la vostra ennesima spiegazione maschia e esaustiva su come va il mondo?
*Purtroppo l’algoritmo legato al mio profilo di maschio bianco occidentale di mezza età non mi consente di accedere a pubblicità di altro genere per fare esempi più inclusivi. Scusate.