4-I LIBRI BUONI
SONO BUONI LIBRI?





Alcune considerazioni e vignette sui libri estratte da un articolo per Liber
sul tema del Bookwashing, Novembre 2023



I libri interagiscono con noi attraverso il tempo, sono dinamici e sono un’esperienza che -attraverso le loro copie- condividiamo con altri. Pochi oggetti possono vantare un design con la stessa versatilità e immutabilità nella forma per secoli: vengono scambiati, prestati, venduti, riciclati, discussi, premiati, scambiati, criticati, donati, conservati, rubati, restituiti, ricordati, dimenticati, discussi, riscoperti, bruciati, salvati, restaurati…


Coloro che bruciano i libri -paradossalmente- si comportano da veri “credenti dei libri”: la loro fede è cieca, qualsiasi essa sia, li porta a credere che vi sia un potere magico nascosto tra le pagine e se ne guardano bene dal leggerli, preferendo obbedire a qualcuno che ordina loro di scacciare il male con un fiammifero. Quelli che i libri li amano, invece, conoscono la loro “magia” e non la temono. Ne scelgono uno, lo aprono e se questa non gli arriva, semplicemente, chiudono il libro e lo rimettono al suo posto, dove aspetterà il lettore giusto.





Leggere è uno dei pochi spazi di libertà che ancora possiamo concederci. Siamo noi a scegliere di prenderci del tempo e di dedicarglielo.


Come nella musica sono importanti le pause, i silenzi; i libri offrono questa possibilità che ci è negata da altri strumenti: fermarci dove e come vogliamo, su un passaggio, una frase o una parola che ci risuona particolarmente e rifletterci.

In quel momento elaboriamo informazioni: pensiamo.


I libri richiedono attenzione e tempo restituendocene sotto altre forme, facendoci vivere altre vite e conoscere spazi e tempi anche impossibili da visitare fisicamente.


I libri ci danno parole per cose che sentiamo ma alle quali non sappiamo dare un nome o riusciamo a esprimere, dandoci uno strumento, un potere in più. Non di rado chi ha finito di leggerli fa un sospiro, li richiude con gratitudine e li accarezza con gentilezza prima di metterli via.


--------



Trovo improbabili le teorie secondo le quali eliminando dei termini dai libri di Dahl i bulli smettano di usarli semplicemente perché temo che i bulli non leggano i libri in generale, non solo quelli di Dahl. Non sto affermando che i bulli siano tali perché non leggono ma ho imparato che i libri, tra le altre cose, ci insegnano l’empatia, facendoci entrare nelle vite degli altri.


---------


Chi dice che alcune parole uno scrittore non le doveva usare nel suo libro -scritto in altri periodi storici- per non rischiare di offendere qualcuno oggi, ho l’impressione che stia offendendo l’intelligenza degli stessi che pretende di difendere.


----------


Davvero pensiamo che l’esplorazione della profondità dell’animo umano possa prescindere da alcune parole solo per la paura di offendere qualcuno?


E che tipo di lettori sono quelli incapaci di capire il contesto nel quale una parola viene usata?


Bisognerebbe chiedersi che tipo di lettori/lettrici siano, nel momento in cui uno scrittore riesce a strappare il cuore con quello che scrive, evocando il dolore del mondo o lo schifo o la miseria umana, invece di sentirsi grati per aver fatto provare loro delle emozioni, si offendono perché ha urtato la loro sensibilità.


Se un autore riesce a farci arrabbiare perché ci sconvolge togliendoci qualche certezza, dovremmo complimentarci con lui perché ci ha fatto crescere.


Ci sono scrittori capaci di terrorizzarci portandoci sull’orlo dell’abisso: dovremmo forse denunciarli perché soffriamo di vertigini?


Dobbiamo davvero stare a discutere della scelta delle loro parole o apprezzarli perché ci hanno fatti sentire meno soli?


Se uno decide, deliberatamente e gratuitamente, di insultare una intera categoria umana più fragile è un bullo, un idiota; non un bravo scrittore. Ma se uno è bravo, le parole sulla carta le misura tutte scegliendo di metterle esattamente dove e come vuole (senza menzionare tutti i passaggi e modifiche che avvengono in casa editrice). Bisognerebbe averne rispetto.


Se uno sa usare bene il sarcasmo, la provocazione, lo humor nero o siamo abbastanza intelligenti per capirlo oppure che lo sdegno sia con noi.