IL FUTU®O, UN ANTIPASTO
2023
Lo scrisse Paul Valéry nel 1931.
Potrei dire che neppure il presente è quello di una volta.
Lo so, è quello che probabilmente pensano in molti, raggiunta una certa età: si stava meglio prima, ecc. ecc.
Ma io intendo proprio un’altra cosa: il presente, a parte alcuni momenti di rara bellezza per i quali vale la pena vivere, è sempre stato sopravvalutato e non è spesso piacevole. Troppo caldo, troppo freddo e spesso puzza; per questo molti cercano di fuggire da esso in svariati modi: sostanze e sport estremi, serie tv, rifugiandosi nel passato, rimandando al futuro, vivendo sui Social o facendo il mio lavoro.
Questo passaggio tra mondo come me lo immaginavo e la realtà è ben rappresentato nello stesso cambio di fotografia ne “Il Cielo sopra Berlino” quando l’angelo diventa umano. “Jezt Ich weiss, was kein engel weiss” (ora io so quello che nessun angelo sa) dice l’ex-angelo. Ma questa è un’altra storia.
Arrivo al punto passando per un altro film: qui comincia la parte Matrix. Cercate di seguirmi nel tunnel.
Da tempo ho cominciato a credere di vivere in un “presente distopico”.
Il Presente, fino a poco fa, per me era Futuro e, in quanto tale, era ricco di incognite, di possibilità e andava riempito di immaginazione, speranze e progetti mentre quello che stiamo vivendo sembra frutto di un altro immaginario o peggio, sembra essere stato costruito senza un grande sforzo d’immaginazione; non sembra rispondere alla domanda collettiva “Come possiamo migliorare le cose?” ma solo al quotidiano e personale “Come posso cavarmela?” oppure “Quanto ci posso ricavare?”.
Cerco di spiegarmi: da sempre lavoro d’immaginazione e mi occupo -o preoccupo- dell’immaginario; mi confronto quotidianamente con questo e mi capita di pensare alla qualità dei sogni, dei desideri, delle aspirazioni mie e degli altri ma ho sempre più la sensazione che si stia progressivamente livellando verso il basso (i sogni interessanti non sono rassicuranti e poco avventuroso).
Appartengo a una generazione che è cresciuta con un immaginario che comprendeva anche una vastissima produzione fantascientifica di altissimo livello (Dick, Asimov, Bradbury, Kubrik, solo per citarne alcuni). Libri, film e immagini pieni di visioni e previsioni basate sulle possibilità e inquietudini che il presente prospettava. Un genere ingiustamente considerato “minore”, poco serio e sottovalutato, anche se in grado di prevedere e aprire nuovi scenari e fare riflettere sul presente.
Dall’altra parte neppure quel presente (ora è passato) era tranquillo per un bambino preoccupato: la Guerra Fredda, la minaccia di una guerra atomica… io queste cose (e molte altre) le vivevo come un incubo. Poi, quando i tempi sembravano essere cambiati, fu un sollievo: pareva davvero che l’umanità avesse fatto un passo in avanti. Noi ragazzini cresciuti nell’immaginario post-atomico ci speravano in questo genere di cose.
Per questo vivo il presente attuale, dove tocca risentire espressioni come “minaccia nucleare” e vedendo la stupidità umana che pretende ancora (non ha mai smesso) di risolvere i problemi con la violenza e la guerra, come una distopìa, una anti-utopìa rispetto a quello che sognavo.
Chi ha immaginato allora tutto questo, ammesso che possedesse dell’immaginazione? Non lo so, o meglio, è una faccenda complessa e probabilmente ci siamo arrivati assieme, facendo diversi errori e -soprattutto- lasciando che altri ne facessero di peggiori, non facendo abbastanza per farglielo notare o non traendone i dovuti insegnamenti.
Ma quello che mi interessa è quale sia la visione del futuro oggi, l’immaginario che dovrebbe dargli forma da qui a poco. Se devo essere sincero intorno a me vedo un misto di rabbia (sarei arrabbiato anch’io se le persone che dicono alla mia generazione che “siamo il futuro” fossero le stesse che lo stanno ipotecando) e di rassegnazione, quasi ad accontentarsi di quello che passa Tiktok.
Sembriamo aver delegato la visione del futuro a compagnie che -mentre ci mettono in attesa con una musichetta ipnotica- ci offrono ogni settimana l’ultima novità del mercato, il libro del secolo, la tecnologia del millennio, il film che cambia un epoca. Ci siamo rassegnati a limitare la nostra immaginazione al prossimo update, al cellulare più aggiornato, alla nuova serie imperdibile…
L’eccezionale è tale in quanto eccezione rispetto alla norma ma quando tutto pare eccezionale e a portata di mano (di solito a 99 centesimi) sembra non esserci più spazio per dei desideri più profondi.
Alla luce di questo ho provato a rileggere il presente ricostruendo un immaginario plausibile, attraverso immagini dall’aspetto vintage. poster di propaganda, finte pubblicità, tracce e memorie di un passato “alternativo” che partono da questa domanda: come ci si sarebbe immaginati il presente nel quale viviamo 60/70 anni fa in modo più realistico?
Credo sia il mio modo di riuscire a leggere un po’ meglio il presente.
Qui si parla, tra le altre cose, di intelligenza artificiale e stupidità naturale, di cibo televisivo, telefonini che rubano il tempo e di Social ai quali lo regaliamo, di libri ripuliti e di libri che non vengono letti, educazione alla guerra e al sesso più o meno virtuale e alberi che non hanno voglia di lavorare... insomma di tutto ciò che può succedere se si lascia agli altri immaginare il proprio futuro.
È una mostra e un piccolo libro che ho deciso di fare ora perché consapevole che nel giro di un mese -vista la corsa innescata sulla AI- le cose cambieranno ancora e mi costringeranno ad ulteriori riflessioni o mi convinceranno a lasciar perdere ma credo che i concetti alla base di questi pensieri (sono articoli e pensieri sparsi negli ultimi 10 anni) siano validi per qualsiasi sviluppo avrà la tecnologia e la società nell’immediato futuro perché si parla di scelte e di politica.