7-GLI ALBERI NON HANNO VOGLIA DI LAVORARE
Dal discorso di inaugurazione della mostra “Una foresta”. Ponte in Valtellina, Settembre 2023
Accettiamoli.
Gli alberi. È giunto il momento di smetterla di elogiarli.
Un secolo fa Filippo Tommaso Marinetti nel Manifesto Futurista scriveva “…Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno,”.
Ora che la realtà, tra treni ad alta velocità, fibra e 5G ha superato le sue più rosee aspettative e la gente è ossessionata dalle risposte immediate e dai pacchi consegnati in giornata, continuano ad esistere in natura alcuni elementi simbolicamente disturbanti che si ostinano a ricordarci la nostra primitività: gli alberi.
Questi monumenti legnosi, dai quali siamo scesi quando ci stancammo di essere scimmie sono ancora lì a ricordarcelo e -al contrario di noi- non si sono evoluti.
In un’epoca in cui la velocità è la norma, gli alberi - con la loro ostinata stasi arborea- sfidano l’idea stessa di rapidità.
Con le loro radici, che affondano profondamente nella terra, questi esseri giganteschi impediscono alla terra di seguire la propria inclinazione e alle pietre di rotolare liberamente ed è come se ci sfidassero ogni volta che ce li ritroviamo sul nostro cammino.
Bulli arboricoli, ecco quello che sono.
Gli alberi, questi esseri rilassati e silenziosi che sfidano l’impazienza umana, più irritanti dei guidatori che viaggiano al di sotto dei limiti di velocità. Inutile chiedere loro di spostarsi e aspettarsi risultati immediati: questi esseri fronduti e poco performanti se la prendono con tutta la calma del mondo.
Gli alberi sono dei disadattati in questa società: Non socializzano, non rispondono se parli con loro, non si riesce neppure a farceli stare interi in un selfie. Si rubano palloni e aquiloni, ci tolgono luce piombandoci nell’ombra e ci impediscono la vista; come la Leopardiana “…Siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte / il guardo esclude”, ci costringono ad immaginare quello che nascondono facendoci perdere tempo in bizzarre fantasie.
Gli alberi sono degli scansafatiche: producono quello che producono seguendo il loro ritmo o quello delle stagioni, non quando noi ne abbiamo voglia. Per fortuna, con la tecnologia e con gli aerei, possiamo farci arrivare in giornata la frutta dall’altra parte del mondo.
Sono anche approssimativi: non sempre i frutti che producono sono all’altezza degli standard per forma e colore e questo non farebbe bella figura negli scaffali, per cui bisogna scartare gran parte del prodotto. E poi gli alberi non sono trendy: indossano sempre le stesse foglie e si cambiano solo una volta all’anno.
Gli alberi bevono un sacco di acqua e divorano un’enormità anidride carbonica e tutti sappiamo quanto questa sia buona nelle bibite.
Gli alberi -che alcuni buonisti animalisti definiscono “accoglienti”- in realtà offrono rifugio a chiunque, anche agli esseri più dannosi per gli uomini, tra i quali gli uccelli che riempiono di cacche le carrozzerie dei SUV e i gatti che poi non sanno come scendere.
Gli alberi sono contagiosi: appena uno ci passa sotto si rilassa, lo avete notato? La gente si addormenta, ci si appoggia e -peggio ancora- si mette a leggere (e tutti sappiamo quanto sia pericolosa la lettura in termini di produttività) e con cosa credete venga fatta la carta dei libri? Con gli alberi stessi! Come un patto micidiale tra alcuni umani e alberi, ad un certo punto si è deciso che gli alberi potevano contribuire nel diffondere le idee balzane di chiunque.
Gli alberi, quando si coalizzano in boschi e foreste diventano particolarmente insidiosi: molti di quegli sprovveduti che vi si addentrano senza un preciso scopo (tipo quello nobile della caccia o di mettere tagliole per orsi o sparare a daini, scoiattoli o lupi) spesso si perdono, rimangono incantati e quasi stregati. Per qualche strana sostanza emessa da questi esseri ramificati, credono di respirare meglio, si zittiscono e si immobilizzano in una incomprensibile contemplazione del creato. Sarà che in molti di questi ambienti i telefoni non prendono bene ma l’ansia da notifiche che fino ad allora li aveva resi membri utili alla società sembra presto svanire e quando (e se) poi riemergono appaiono cambiati: molte delle cose che un attimo prima sembravano loro indispensabili e che fanno girare l’economia ora non sembrano così importanti.
Fortunatamente la rete telefonica è sempre più estesa e gli incauti esploratori vengono prontamente recuperati.
L’ingegno dell’uomo, nei secoli, ha imparato a gestire con diversi strumenti queste invadenti e ingombranti presenze e le ha rese utili creando sedie, tavoli, case, archi, frecce e mazze da baseball, dando l’opportunità a lungimiranti imprenditori di creare importanti realtà, luoghi dove la gente passa la giornata e può scegliere ex-alberi nelle fogge più utili e nei colori più disparati dimostrando, se ancora ce ne fosse bisogno, nel puro spirito di Paul Bunyan, eroico taglialegna americano che “l’unico albero buono è quello tagliato. Al limite, Bruciato.”.
Accettiamolo.